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Olio di oliva, via il limite massimo di 18 mesi di scadenza dall’imbottigliamento

La Camera ha dato l’ok definitivo alla norma che recepisce una legge europea.

Via libera definitivo della Camera alla norma, assai controversa, che azzera la scadenza dell’olio di oliva per recepire la legge europea 2015-2016 che riguarda, tra le altre cose, anche la qualità e la trasparenza della filiera degli oli vergini d’oliva. Consentita così la vendita dell’extravergine vecchio, ossia con un termine minimo di conservazione superiore agli attuali 18 mesi dall’imbottigliamento previsti dall’articolo 7 della legge Salva olio, più rigida rispetto alla legislazione comunitaria, ma più favorevole alla tutela della qualità dell’olio.

Dopo il sì del Senato ad aprile, Montecitorio ha così approvato (208 voti a favore, 103 i contrari) l’articolo 1 della legge Ue, che elimina il limite massimo di 18 mesi di scadenza dalla data di imbottigliamento (la norma recita: “Il termine minimo di conservazione è indicato da parte del produttore o del confezionatore sotto la propria responsabilità”). E cancella la maggior evidenza cromatica (“cromatura”) delle etichette delle miscele di oli comunitari per distinguerli da quelli made in Italy, a favore di un’indicazione stampata con inchiostro indelebile.

Bagarre in aula.

Ieri, nel corso della discussione in aula che ha preceduto il voto di oggi non sono mancati i momenti di tensione se non di vera e propria bagarre. Due i fronti: da un lato governo e gran parte del Pd a difendere il provvedimento. Dall’altro la deputata dem Colomba Mongiello, prima firmataria della già citata legge Salva olio, che si è vista costretta a dissociarsi dal suo partito e a votare in dissenso dal gruppo Pd. Sostenuta dalle opposizioni, con in testa Filippo Gallinella e Giuseppe L’Abbate dei Cinque Stelle e Paolo Sisto di Forza Italia a denunciare una mancanza di tutela nei confronti dei consumatori e dei produttori piccoli e medi.

I delusi.

“Sono molto delusa per quanto è accaduto – si rammarica Mongiello – da un lato l’Antitrust multa le aziende che hanno venduto falso olio di oliva extravergine, dall’altro si approvano norme contrarie ai consumatori. Io ho votato contro perché sono coerente fino in fondo con le battaglie sull’olio che condotto finora e non capisco questo comportamento schizofrenico. Di fatto è stato dato l’ok a una norma che favorisce lo smaltimento di olio vecchio, mentre numerosi studi hanno dimostrato che con il tempo l’olio di oliva modifica le proprie caratteristiche nutrizionali”. La deputata Pd critica anche la scelta di abolire la diversa cromatura delle etichette: “Normalmente già si usa inchiostro indelebile. Era il colore diverso dell’etichetta che la rendeva immediatamente riconoscibile dai consumatori per distinguere il prodotto nazionale da quello proveniente da altri Paesi”. E sottolinea un particolare al limite del paradosso: “E’ buffo che invece l’aula abbia approvato un mio ordine del giorno sulle tecniche investigative come l’analisi del dna per smascherare le frodi”.

“Ora è tutto a totale discrezione del produttore – commenta L’Abbate, capogruppo M5s in commissione Agricoltura – abbiamo presentato un emendamento per reintrodurre la data di scadenza e quella di imbottigliamento ma abbiamo raccolto solo un ‘no’ della maggioranza. Governo e Pd sembrano avere più a cuore le sorti di qualche lobby straniera piuttosto che il comparto agroalimentare nazionale”.

Il Mipaaf: sanzioni ai furbi.

Accusato di disinteresse rispetto alla questione, il ministero delle Politiche Agricole replica: “L’olio dioliva non ha mai avuto data di scandenza, bensì ha un termine minimo di conservazione che resta e rimane obbligatorio sotto responsabilità del produttore, così come l’indicazione chiara ed evidente dell’origine in etichetta. Per chi viola le norme – spiegano ancora dal Mipaaf – sono previste le sanzioni e il sistema di controlli dimostra che siamo tra i Paesi con il maggior numero di verifiche in Europa. Da poco tra l’altro è stato rafforzato il quadro sanzionatorio sull’olio di oliva proprio per evitare le frodi”.

Contro.

Il provvedimento viene contestato anche dagli agricoltori: “Con l’invecchiamento – precisa il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo – l’olio comincia a perdere progressivamente tutte quelle qualità organolettiche che lo caratterizzano (polifenoli, antiossidanti, vitamine) e che sono alla base delle proprietà che lo rendono un alimento prezioso per la salute in quanto rallentano i processi degenerativi dell’organismo. Con il recepimento delle indicazioni comunitarie la data di scadenza non sarà più di 18 mesi, ma potrà essere decisa liberamente dagli stessi imbottigliatori, il che equivale di fatto a cancellarla, poiché ognuno potrà metterla in base ai propri interessi commerciali ed è evidente il rischio che in molti ne approfitteranno per smaltire l’olio vecchio”.

Pro.

Un aspetto positivo però questa norma ce l’ha e ce lo spiega Alberto Grimelli, agronomo ed esperto di olio: “Se l’olio di oliva è al 100% italiano e prodotto in una sola annata, il produttore ha l’obbligo di indicare la campagna di produzione. Quindi un consumatore attento può scoprire non sono quando è stato imbottigliato ma anche quando è stato prodotto”. Una possibilità in più di distinguere i prodotto per chi compra olio 100% italiano.

Fonte: La Repubblica

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Etichetta per il latte i suoi derivati: dovrà essere chiara l’origine

Renzi: “Il decreto è già stato firmato ed è stato inviato ieri a Bruxelles”. Il ministro Martina: “Tappa storica per gli allevatori”. In 30 anni solo una stalla su 5 è sopravvissuta.

Via libera all’etichettatura del latte e dei suoi derivati per salvare le stalle. Con la fine – un anno fa – del regime europeo delle quote (che all’Italia sono costate 4,5 miliardi di euro di multe) i prezzi sono crollati e solo nell’ultimo anno hanno chiuso i battenti 1.500 allevamenti: nel 1984 erano 180mila, oggi non arrivano a 36mila. Nel frattempo il governo è corso ai ripari, ma la crisi è inarrestabile. Da Milano, per il World Milk Day, il presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi rilancia: “Il decreto per l’origine del latte in etichetta è già stato firmato e inviato a Bruxells, prima i fatti, poi le parole”.

Cosa prevede il decreto

Il decreto in particolare prevede tre diciture chiare in etichetta: il ‘paese di mungitura’, il ‘paese di confezionamento’; il ‘paese di trasformazione’. In ognuno dei casi andrà indicato il nome del Paese, ma se le 3 fasi avvengono nello stesso Paese si potrà indicare il relativo Paese. In ogni caso sarà obbligatorio indicare espressamente il paese di mungitura del latte. “Con oggi – rilancia il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina – ufficializziamo che l’Italia porta in etichetta l’origine del latte e dei suoi derivati. E’ una tappa storica per il mondo dei produttori e degli allevatori. E’ un passaggio necessario per garantire sempre di più e sempre meglio i nostri allevatori in questo momento molto difficile per la crisi del latte che sta vivendo tutta l’Europa”.

Coldiretti

D’altra parte – denuncia la Coldiretti – l’Italia è diventato il più grande importatore di latte nel mondo: per il latte a lunga conservazione, tre cartoni su quattro venduti in Italia sono stranieri, mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte proveniente dall’estero, ma non è obbligatorio riportarlo in etichetta: “Ogni giorno dalle frontiere italiane passano 24 milioni di litri di latte equivalente tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o trasformati industrialmente. E’ un inganno per i consumatori ed è concorrenza sleale per i produttori che utilizzano latte fresco”.

Secondo Coldiretti, intoltre, “la pressione delle importazioni di bassa qualità spacciate come Made in Italy hanno fatto crollare il prezzo alla stalla fino anche a 0,30 euro al litro che non consentono neanche di garantire l’alimentazione degli animali e che spingono le aziende alla chiusura. Per ogni milione di quintali di latte importato in più scompaiono 17mila mucche e 1.200 occupati in agricoltura. A rischio ci sono i 120mila posti di lavoro nell’attività di allevamento da latte che generano lungo la filiera un fatturato di 28 miliardi”.

Per capire quanto sia delicata la situazione basti pensare alla dinamica dei prezzi: nel 1984, all’inizio del regime delle quote, il latte veniva pagato in media agli allevatori 0,245 euro al litro mentre i consumatori lo pagavano 0,40 euro al litro (780 lire). “Oggi – accusa Coldiretti – il prezzo del latte fresco moltiplica più di quattro volte dalla stalla allo scaffale, con un ricarico del 317% con il latte che viene pagato agli allevatori in media 0,33 centesimi al litro mentre al consumo il costo medio per il latte di alta qualità è di 1,5 euro al litro. Il prezzo pagato agli allevatori è aumentato di poco più di 10 centesimi mentre il costo per i consumatori è cresciuto di 1,1 euro al litro”.

Dopo il lancio del logo 100% italiano, un mese fa, il ministro Martina aveva chiesto risposte più concrete dall’Europa ricordando come l’Italia portasse avanti “il piano nazionale per il settore” nel quale rientrano il tagliato delle tasse del 25%, l’aumento della compensazione Iva al 10% oltre all’intesa con l’Abi per la moratoria di 30 mesi dei mutui delle aziende lattiere. Di recente è stato anche attuato l’accordo di filiera che permette l’intervento della Grande distribuzione a sostegno degli allevatori italiano: da Coop a Granarolo che hanno aumentato gli approvigionamenti.

Matteo Salvini

Critico il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini: “Il ministro dell’Agricoltura annuncia che, finalmente e dopo tante insistenze della Lega, sulle etichette delle confezioni

del latte venduto in Italia sarà indicata l’origine del prodotto. Peccato che, se non si ridiscutono i prezzi con le imprese e la grande distribuzione, le nostre stalle continueranno a chiudere. Stanno ammazzando la nostra Agricoltura e la nostra Pesca”.

Fonte: La Repubblica

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Il contadino batte la globalizzazione: un italiano su quattro fa la spesa da lui

E’ quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè

Nel mercato globalizzato dell’Unione europea, del Ttip e dove anche Amazon si è messo a fare concorrenza agli alimentari tradizionali vince – a sorpresa – il vecchio contadino tornando prepotentemente di moda. Negli ultimi cinque anni, infatti, triplicati gli italiani che fanno la spesa nelle fattorie o nei mercati degli agricoltori dove è stato raggiunto il record di 15 milioni di presenze nel 2015 (un italiano su quattro).

E’ quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè, a 15 anni dall’approvazione della legge di orientamento che ha allargato i confini dell’imprenditorialità agricola, aprendo a nuove opportunità occupazionali nell’agri-benessere, nella tutela ambientale, nel risparmio energetico, nelle attività sociali, nella trasformazione aziendale e nella vendita diretta. “Un exploit da ricondurre – sottolinea la Coldiretti – all’attenzione per il benessere, la forma fisica e la salute, oltre che alla crescente attenzione alla sostenibilità ambientale e alla valorizzazione del proprio territorio, come dimostra il fatto che il 70% degli italiani è addirittura disposto a pagare di più un alimento del tutto naturale, il 65% per uno che garantisce l’assenza di Ogm, il 62% per un prodotto bio e il 60% per uno senza coloranti”.

La domanda di naturalità, spiega la Coldiretti, ha fatto nascere anche nuovi prodotti come gli ‘agri-gelati’ che utilizzano il latte dalla stalla al cono, le ‘agri-birre’ con l’impiego dell’orzo aziendale in un contesto produttivo a ciclo chiuso garantito dallo stesso agricoltore o gli ‘agri-cosmetici’ che sono ottenuti da proprie coltivazioni o allevamenti, da quelli a base di bava di lumaca al latte d’asina, al miele, all’olio o al vino. Si assiste inoltre anche ad inaspettati ritorni come il pane del contadino che utilizza grano recuperato dal rischio di estinzione.

Un vero boom, sottolinea l’organizzazione agricola, che ha portato alla nascita di oltre diecimila punti vendita gestiti direttamente dagli agricoltori tra fattorie e mercati lungo tutta Italia dove trovano sbocco, tra l’altro, almeno 100 varietà vegetali definite minori e prodotti ottenuti da 30 diverse razze di bovini, maiali, pecore e capre allevati su scala ridotta.

Fonte: Adico

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Il 6, 7 e 8 maggio 2016 ci sarà il Festival Show dell'Agricoltura: evento dedicato all'agricoltura moderna e a tutte le connessioni del mondo agricolo

Festival Show dell’Agricoltura

TUTTI ALL’IPPODROMO LE PADOVANELLE IL 6-7-8 MAGGIO

Il Festival Show dell’Agricoltura è un evento dedicato all’agricoltura moderna e a tutte le connessioni del mondo agricolo: alimentazione, ambiente, istruzione, lavoro, risparmio energetico, salute, sostenibilità, tecnologia, turismo.
In programma dalle gare con i cavalli allo sheepdog, dai corsi di sfoglia alle dimostrazioni sulla conservazione delle verdure e sulla preparazione delle marmellate, oltre ad attività rivolte ai bambini, all’interazione uomo/animale e molto altro.
Iniziativa patrocinata dal Comune e dalla Provincia di Padova, Coldiretti Padova, Confagricoltura Veneto, Confederazione italiana agricoltori – Cia.
Programma
Il calendario degli eventi e il programma della manifestazione è consultabile sul sito www.festivalshowagricoltura.it.

Per informazioni:
Festival Show dell’Agricoltura
email info@festivalshowagricoltura.it
sito www.festivalshowagricoltura.it
pagina Facebook

Fonte: Padovanet

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