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Rota (Cisl): la ripresa, in Veneto, c’è. Ma c’è anche lo spettro delle banche.

Il tracollo di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza come una Lehman Brothers in salsa veneta, specie adesso che i valori dei due istituti di credito nostrani sono ancor più rasoterra. Ma anche una ripresa silenziosa dell’economia che, alla veneta, si traduce in tanto lavoro e in tanto risparmio. Mentre un’autonomia della regione potrebbe essere una cosa buona e non solo un boutade…
Sono alcuni dei temi su cui si sofferma Onofrio Rota, da due mesi nuovo segretario regionale della Cisl. 48 anni, originario di Taranto e trevigiano dall’età di 15 anni, sposato e padre di due figli, è a capo della maggiore organizzazione del lavoro del Veneto, che conta 420mila iscritti, in maggioranza lavoratori dipendenti.

Rota, dottore in Scienze Sociali presso l’Università Pontificia di Roma, ha alle spalle quasi 30 anni di impegno sindacale, incominciato come delegato aziendale della Chiari e Forti di Treviso e proseguito come dirigente della Federazione dell’Agro-Alimentare.
Due aziende su tre in Veneto, secondo uno studio di Unimprese, hanno chiuso il bilancio del 2015 in utile: è il dato migliore da 10 anni a questa parte. Perciò c’è molta liquidità. Sarebbe quindi il momento di investire, di assumere… Invece….
Dai dati in nostro possesso, posso dire che il risparmio è molto cresciuto negli ultimi tempi, sia delle famiglie sia delle imprese. Ma c’è ancora un clima di incertezza e di sfiducia che si ripercuote nel fatto che quella capacità di spesa e di investimento stenta a decollare. Dal 2007 ad oggi abbiamo visto tante aziende in crisi in Veneto. Il ricorso agli ammortizzatori sociali è stato molto massiccio, la sofferenza si è percepita parecchio. Ora questo ricorso agli ammortizzatori sociali è in diminuzione. I volumi produttivi stanno crescendo. Che il 2015 possa risultare un anno di ripresa, in cui le aziende un po’ si siano “asciugate”, facendo scelte organizzative e che abbiano recuperato un po’ di efficienza, è un bene. Qualche segnale positivo c’è.
L’anno scorso, grazie al Jobs Act, c’è stato un balzo di assunzioni a tempo indeterminato. Adesso, ridotti i vantaggi contributivi, c’è un rallentamento. Come valuta la situazione?
E’ un dato oggettivo che il Jobs Act abbia stabilizzato e creato nuova occupazione – e io dico anche buona occupazione. La Camusso dice che il saldo effettivo non è di 1,5 milioni di nuovi occupati ma di 250mila. È vero, perché in gran parte si tratta di “conversioni” da tempo determinato o da precariato a stabilità. Ma per fortuna che oggi ci sono. E anche i 250mila nuovi occupati stabili vanno bene in un periodo di crisi.
E adesso, pensando al Veneto?
Adesso manca una visione, una progettualità con orizzonti un po’ più ampi. E’ quel che sto cercando di portare avanti, rapportandomi con la Regione, con Confindustria e con Confartigianato. Non riusciamo a fare progettazione. Un esempio? Nella nostra regione, per spostarsi da un punto a un altro, bisogna prendere biglietti diversi. La percezione è che manchi una progettualità sul territorio regionale. E, tranne che per la riorganizzazione del settore sanitario, si ha la sensazione che la Regione di Zaia sia carente circa una progettualità complessiva.

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Il che si riflette sul sistema produttivo? Da noi tiene il modello della piccola o media azienda. Ma c’è chi lo critica e dice che il nanismo è il problema dell’economia veneta…
Non sono d’accordo. Da una recente ricerca, emerge che le aziende del settore artigiano che avevamo prima della crisi, in Veneto, sono le stesse di adesso. Anche i livelli occupazionali sono rimasti stabili. Vuol dire che il piccolo è stato flessibile, ha sofferto – certo – ma si è specializzato, ha avuto la capacità di esportare. Un esempio? I dolci veneziani oggi sono vengono venduti in Cina. I tortellini di Valeggio sul Mincio si sono uniti in consorzio e riforniscono l’altissima ristorazione di New York. Due volte la settimana vengono consegnati con volo aereo… E non stiamo parlando di grandi aziende…
Parliamo di banche: il travaglio di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza non è finito…
E’ una grande preoccupazione per il Veneto. L’impatto sui bilanci delle imprese e delle famiglie sarà di oltre 10 miliardi di euro. Se è così, le imprese dovranno ricapitalizzare e offrire nuove garanzie; le famiglie taglieranno le spese e i consumi. Potrebbe seguirne una nuova ondata di crisi: bisogna vedere come verrà interpretata e quale sarà l’impatto per imprenditori e famiglie.

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E il travaglio delle banche di credito cooperativo?
Sono meno preoccupato: questo è un ambito molto più “governato”. Dalle informazioni che arrivano, vien da pensare che circa un terzo di esse verranno assorbite da quelle più forti.
Con quali effetti?
Ci sarà qualche ricaduta dal punto di vista occupazionale anche per la riduzione degli sportelli, ma per imprese e famiglie non ci sarà un cambiamento significativo. E vedremo se si riuscirà a creare anche qualche prospettiva di crescita per questo settore, che comunque ha credibilità e riconoscimento.

Tratto da GENTE VENETA, n.17/2016

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