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Vitamine: tutte le proprietà e i cibi che ne contengono di più

Le vitamine sono delle sostanze fondamentali per il nostro benessere che, come avviene per i sali minerali, vanno assunte attraverso l’alimentazione dato che il nostro corpo non è in grado di sintetizzarle.

Spesso però a causa di un’alimentazione sregolata ne siamo carenti e tendiamo a sottovalutare questo fatto non considerando che ciò può comportare invece, a lungo andare, seri problemi di salute. Scopriamo allora meglio le vitamine e soprattutto impariamo quali sono gli alimenti che ne contengono di più.

La prima grande classificazione a proposito di vitamine è quella che vede da una parte le vitamine liposolubili e dall’altra quelle idrosolubili. Le prime (vitamine A, D, E, K) sono solubili esclusivamente nei grassi e l’organismo è in grado di accumulare mentre le seconde sono solubili solo in acqua (vitamina C e gruppo B) e non possono essere accumulate, ad eccezione della B12 che invece viene trattenuta dal fegato. Ne va da sé che quando mangiamo cibi con vitamine liposolubili sarebbe bene associare insieme dei grassi (come ad esempio dell’olio) per assorbirle meglio, mentre nel caso di assunzione di vitamine idrosolubili, è buona cosa associarvi dell’acqua.

Ma vediamole ora nello specifico:

Vitamina A

La vitamina A possiede proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, in particolare è molto utile per proteggere la vista dallo stress e da malattie come cataratta e degenerazione maculare. Contrastando i radicali liberi e aiutando il tessuto connettivo a rigenerarsi, questa vitamina agisce anche come un vero e proprio rigenerante cellulare e contribuisce a mantenere in buona salute la pelle. E’ possibile trovare questa vitamina o il suo precursore (il betacarotene) in alimenti comelatte, uova, carote, albicocche, radicchio e verdure arancioni.

Vitamina B1

La vitamina B1 è particolarmente importante per la salute del sistema nervoso e del cervello. Tra le sue funzioni c’è poi quella di aiutare la digestione (in particolare per quanto riguarda i carboidrati) e stimolare l’appetito. La carenza di questa vitamina può causare stanchezza, irritabilità, tachicardia, inappetenza e disturbi di memoria. Le persone che fumano, consumano molti zuccheri o sono sotto stress dovrebbero assumerne di più. La vitamina B1 si trova in particolare nei cereali integrali, germe di grano, lievito di birra, semi e legumi.

Vitamina B2

Questa vitamina del gruppo B è molto importante dato che attiva gli enzimi utili a far partire diverse reazioni all’interno del nostro organismo. In particolare questa vitamina è fondamentale per il metabolismo e la salute di occhi, pelle, unghie e capelli dato che aiuta la respirazione cellulare e la formazione di nuovi globuli rossi nel sangue. La B2 si può trovare in yogurt, lievito di birra, mandorle, cereali integrali e legumi.

Vitamina B3

La vitamina B3 è conosciuta anche come niacina o vitamina PP. Tra le sue principali funzioni c’è il contribuire al metabolismo di grassi, carboidrati e proteine, aiutare nelle sue funzioni il sistema nervoso, migliorare la circolazione e ridurre il colesterolo presente nel sangue. Difficile essere in carenza di questa vitamina dato che si trova in molti alimenti: cereali integrali, semi, legumi, lievito di birra, verdure e frutta.

Vitamina B5

La Vitamina B5 contribuisce al metabolismo energetico del nostro corpo, aiuta il sistema nervoso e insieme alle altre vitamine del gruppo B, contribuisce a mantenere in buona salute il sistema immunitario. Questa vitamina si trova naturalmente presente in tantissimi alimenti tra cui alcuni tipi di pesce, uova, cereali, legumi, broccoli e cavoli.

Vitamina B6

La vitamina B6 regola il sistema nervoso ed è fondamentale per sintetizzare la serotonina,conosciuta come l’ormone del buonumore. Ma sono tante altre le funzioni di questa vitamina tra cui contribuire allo sviluppo dei muscoli, alla produzione di globuli rossi e alla buona salute della pelle. Gli alimenti che la contengono di più sono i cereali integrali, banane, avocado, nocciole, lievito di birra e carote.

Vitamina B8

La vitamina B8 è fondamentale per sintetizzare la vitamina C, mantenere in buona salute pelle, nervi, capelli e alcune ghiandole del nostro corpo. Una carenza si può manifestare con eccessiva caduta dei capelli, apatia, dolori muscolari o anemia. Questa vitamina è naturalmente presente in avena, cavoli, funghi, legumi, riso integrale, lievito di birra e uova.

Vitamina B9

La B9 è più comunemente conosciuta come acido folico ed è fondamentale per far sì che il nostro organismo possa produrre nuove cellule, globuli rossi e per il buon funzionamento del cervello. Si capisce quindi quanto questa vitamina sia importante in gravidanza, previene tra l’altro malformazioni neonatali come la spina bifida. Particolarmente ricchi di B9 sono i seguenti alimenti: lievito di birra, avocado, verdure a foglia verde, riso e legumi. Una carenza di questa vitamina può portare anemia, disturbi di concentrazione o di sonno.

Vitamina B12

La vitamina B12 viene prodotta in natura da alghe, batteri e funghi, ma gli esseri umani non sono in grado di sintetizzarla da soli e dunque è necessario assumerla con l’alimentazione. Questa vitamina contribuisce alla sintesi del DNA e dell’emoglobina ed è fondamentale per tenere ai giusti livelli l’omocisteina, aminoacido che è stato messo in relazione con il rischio di sviluppare alcune gravi malattie. Per le persone onnivore è difficile risultare in carenza di B12 (ad eccezione delle persone anziane), diverso invece il discorso per i vegani a cui è consigliata l’integrazione o attraverso alimenti fortificati o con veri e propri integratori. La B12 si trova infatti principalmente in carne, pesce, uova e latte.

Vitamina C

La vitamina C (acido ascorbico) è una delle vitamine più note, in particolare per la sua capacità di dare forza al sistema immunitario e per le sue proprietà antiossidanti. Tra le sue caratteristiche ci sono poi la capacità di facilitare l’assorbimento del ferro, aiutare la produzione di globuli rossi e la sintesi del collagene che rafforza muscoli, ossa e vasi sanguigni. Gravi carenze di questa vitamina portano allo scorbuto, ma nella nostra società è difficile arrivare a tanto, più probabile invece avere delle carenze meno gravi che possono comportare anemia, lenta cicatrizzazione e fuoriuscite di sangue dal naso. Tra gli alimenti più ricchi di vitamina C ricordiamo uva, peperoni, prezzemolo, fragole, rughetta e agrumi. Per mantenere intatte le proprietà di questa vitamina sarebbe bene consumare frutta e verdura a crudo.

Vitamina D

La vitamina D è fondamentale per la buona salute delle ossa (dato che regola il metabolismo del calcio) del sistema nervoso e del cuore. La sua carenza può portare ad osteoporosi ed anemia, mentre nei bambini al rachitismo. Il modo migliore per assicurarsi la dose giornaliera di questa vitamina è esporsi al sole ogni giorno per 15-20 minuti, in questo modo infatti il nostro corpo riesce a sintetizzarla. Esistono però anche degli alimenti che contengono vitamina D tra questi: pesce, latte e uova.

Vitamina E

La vitamina E è nota soprattutto per le sue proprietà antiossidanti e, dato che aiuta a contrastare l’invecchiamento cellulare, è spesso presente nei prodotti cosmetici anti-age. Una carenza di questa vitamina può portare sensazioni di stanchezza, debolezza e difficoltà a concentrarsi. Gli alimenti che ne contengono di più sono oli vegetali, semi, nocciole, pinoli e mandorle.

Vitamina K

La vitamina K in condizioni di salute viene naturalmente sintetizzata dalla nostra flora intestinale, ma ovviamente si può incorrere in carenze nel caso si assumano antibiotici. La caratteristica più rilevante di questa vitamina sono le sue proprietà antiemorragiche, è utile infatti per la coagulazione del sangue e una sua carenza può provocare epistassi (ovvero fuoriuscita di sangue dal naso) o altri sanguinamenti. La vitamina K è contenuta principalmente negli ortaggi a foglia verde.

Francesca Biagioli

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La farina 00 è dannosa per la salute: ecco perché

La farina 00 è nociva. Dietro il suo aspetto apparentemente innocuo, il suo colore candido e la sua consistenza così vaporosa e leggera, si nasconde un vero e proprio pericolo per la salute umana.

Questa farina – diffusissima nei supermercati e comunemente usata negli impieghi casalinghi – si ottiene attraverso la macinazione industriale del chicco di grano, che comporta l’eliminazione del germe (ovvero il cuore nutritivo del chicco, che contiene aminoacidi, acidi grassi, sali minerali, vitamine del gruppo B e vitamine E) e della crusca (la parte più esterna, particolarmente ricca di fibre). Tutto questo porta a un impoverimento della materia prima: da questa macinazione si ottiene infatti una farina raffinata, che si mantiene a lungo, ma risulta terribilmente depauperata e ricchissima di zuccheri.

Abbiamo chiesto al professor Franco Berrino, ex direttore del Dipartimento di medicina predittiva e per la prevenzione dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e consulente della Direzione scientifica, quali sono gli effetti negativi dell’uso abituale di questo tipo di farina.

La farina 00 – come tutti i prodotti raffinati – provoca un aumento della glicemia e il conseguente incremento dell’insulina, fenomeno che nel tempo porta ad un maggior accumulo di grassi depositati“.

Tutto questo si traduce quindi con un indebolimento dell’organismo, sempre più soggetto a malattie di ogni tipo, tumori inclusi.

Quali farine bisogna scegliere allora?

L’ideale – spiega Berrino – è acquistare grano biologico dai nostri contadini (possibilmente il grano duro, che ha un contenuto più basso di zuccheri) e macinarselo da soli. In casa“.

Vi sembra impossibile? Niente affatto!

Sui siti di e-commerce esistono ormai tantissimi rivenditori di piccoli mulini a pietra casalinghi a costi relativamente contenuti (si va dai 300 ai 500 euro) che permettono di macinare il grano in casa e auto produrre farine sane e di qualità.

 

In questo modo il chicco verrà semplicemente polverizzato senza essere privato del germe e della crusca, elementi che forniscono sostanze preziosissime per il nostro organismo.

La differenza tra una farina macinata a pietra e la 00 industriale è palpabile: la prima è granulosa e color sabbia, la seconda ha l’aspetto del gesso.

E per i fissati della manitoba?

Essendo ricca di glutine – ha continuato il professor Berrino – la manitoba permette di ottenere pani e dolci più soffici e vaporosi, ma poiché anche questa è una farina raffinata comporta gli stessi rischi della 00 e va usata con moderazione“.

Insomma, il suggerimento è consumare queste farine il meno possibile. Proprio come tutti i prodotti raffinati, zucchero bianco incluso!

Attenzione poi al pane integrale, o pseudo tale!

La maggior parte dei pani denominati integrali (specie quelli acquistati al supermercato) sono composti da farina 0, cui viene aggiunto un derivato della crusca, anche questa privata delle sue sostanze più preziose e finemente rimacinata. In breve, uno scarto raffinato di lavorazione industriale, che diventa doppiamente nocivo per l’organismo umano.

Ma come possiamo riconoscerlo?

Il pane integrale vero ha un colore scuro omogeneo (oltre che un sapore completamente diverso), mentre quello ottenuto da farina e crusca raffinate è sostanzialmente bianco (dato dalla 0 o 00), con puntini scuri dati dalla crusca.

Insomma, se proprio non avete tempo e voglia di macinare il grano e produrre la farina in casa,evitate almeno di acquistare il finto pane integrale o le farine del supermercato, optando invece per quelle macinata a pietra. Tra le più famose ricordiamo quelle del molino Quaglia e Marino, ma in realtà esistono ancora piccoli molini a pietra semisconosciuti e sempre più rari, che vale la pena andare a cercare.

Inoltre è possibile scegliere tra diverse farine alternative a quella di frumento, facendo sempre attenzione al grado di raffinatezza.

Verdiana Amorosi

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Olio extravergine di oliva: diffidare dalle offerte low-cost

L’ olio extra vergine d’oliva in Italia è in serio pericolo.

La sopravvivenza di uno dei prodotti alimentari più benefici per la nostra salute è insidiata da tre pericolose minacce: l’utilizzo diffuso di insetticidi negli uliveti, la guerra dei prezzi e le sue implicazioni, e una legge vigente che non tutela la qualità. E’ indispensabile, dunque, acquisire informazioni e divulgarle per preservare la sua esistenza e quella degli onesti produttori locali legati ad essa.

Questi ultimi, infatti, sono costretti a competere con grandi aziende che non si fanno scrupolo di utilizzare espedienti nocivi per la salute del consumatore. Ma andiamo con ordine.

Una recente indagine dell’A.R.P.A.M. (Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche) ha confermato una realtà inquietante: in circa 4 su 10 bottiglie d’olio extravergine acquistate in un supermercato si è riscontrata la presenza di pesticidi. Tra questi figura addirittura il Dicofol, un derivato del Ddt, insetticida proibito in Italia nel lontano 1978. Come dimostra un dossier di Legambiente, “Pesticidi nel piatto”, nella maggior parte dei casi, si tratta di antiparassitari, ovvero insetticidi organo fosfati che si caratterizzano per l’essere persistenti e bio accumulabili, con effetti neuro-tossici per l’uomo. Perché, dunque, l’olio con cui cuciniamo e condiamo i nostri alimenti contiene sostanze nocive per la nostra salute? Perché per eliminare i parassiti che si insediano negli uliveti e finiscono per compromettere la produttività del raccolto, alcuni grandi produttori scelgono la via più comoda, economica e, senza dubbio, anche la più dannosa: l’utilizzo di insetticidi. Tuttavia, il buon olivicoltore sa come affrontarli senza ricorrere a sostanze chimiche, che non solo inquinerebbero i suoi prodotti, ma eliminerebbero anche le specie di insetti utili alle piante e all’ecosistema: ad esempio, pianta alberi che favoriscono la nidificazione di uccelli, veri e propri cacciatori di parassiti, ottenendo il duplice risultato di proteggere il proprio raccolto e arricchire la fauna.

Il buon olivicoltore non si ferma qui, ma privilegia la qualità del suo raccolto alla quantità. Per questo realizza la raccolta delle olive nel momento dell’ideale punto di maturazione, garantendo così il perfetto equilibrio fra sapore e grado di acidità. Lo stesso criterio, purtroppo, non viene seguito da alcuni grandi produttori, che al contrario raccolgono le olive soltanto quando queste raggiungono una grandezza tale da generare, attraverso la spremitura, la maggior quantità di olio possibile. La lunga attesa consente di massimizzare la produzione e le vendite, ma implica un elevato grado di acidità. Uno stratagemma, dunque, a discapito della qualità e, pure, responsabile dell’avvio di un circolo vizioso: per dissimulare l’acidità, gli stessi grandi produttori si vedono costretti a impiegare correttori chimici, che compromettono la naturalezza e le qualità benefiche dell’olio. Tale contesto, già di per se complesso, è reso ancora più complicato dalla normativa vigente.

Il regolamento comunitario 1019/2002 prevede infatti l’arbitrarietà di scelta nell’indicazione di provenienza e consente di specificarla sull’etichetta soltanto nel caso in cui la percentuale di olio italiano sia pari o superiore al 75% e la parte residua derivi da un altro Paese UE. Pertanto,si può facilmente supporre che le bottiglie di olio extravergine senza indicazione di provenienza contengano quasi sicuramente quantità considerevoli di olio estero. A suffragare questa ipotesi ci sono le 460.000 tonnellate di olio che l’Italia importa annualmente da Spagna, Turchia, Grecia e Tunisia. Purtroppo parte di tali importazioni è costituita non da oli extravergine, ma da prodotti di bassa qualità, in alcuni casi addirittura nocivi. E sono proprio questi i tipi di olio che, per colpa della legge vigente e di chi se ne approfitta, vengono utilizzati per integrare l’olio extravergine di molte delle bottiglie che troviamo nei supermercati.

Ora siamo in grado di comprendere la realtà che si nasconde dietro le luci delle offerte low costOli extravergine d’oliva a cinque euro, a volte addirittura a due euro, non regalano generosamente qualità, ma ci ammaliano con il loro modico prezzo e celano espedienti dannosi per la nostra salute: pesticidi, correttori chimici, amalgama di oli diversi e mediocri. A farne le spese non è soltanto il consumatore, ma anche il produttore locale onesto, che da sempre opera nel solco della tradizione e nel rispetto dell’ambiente.

Quel produttore locale che, con il suo lavoro quotidiano, ci assicura un prodotto sano e curativo: infatti, il suo olio extravergine d’oliva riduce la percentuale di colesterolo Ldl (quello “cattivo”), i rischi di occlusione delle arterie, il tasso di zucchero nel sangue, previene l’infarto e l’arteriosclerosi, aumenta la secrezione di bile e l’apporto di vitamine importanti. Questo olio ha un costo, e questo costo non è sostenibile se la concorrenza gioca secondo regole sleali all’insaputa del consumatore. Il piccolo produttore locale non ha alternative di fronte a sé: o si adegua alle cattive pratiche o chiude. Informarsi e acquistare con consapevolezza è l’unico modo per salvare lui e noi stessi.

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