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la battaglia delle tasse

PROPOSTE E PROMESSE DEI PARTITI: LA BATTAGLIA DELLE TASSE

Non si sa quando si voterà e già fioccano le promesse. I partiti incentrano la campagna elettorale sulle tasse, ma la stretta della Bce e gli obblighi con Bruxelles mettono in dubbio la realizzazione di questi loro impegni.

Mark Twain diceva che per capire la razza umana bisognerebbe osservarla in tempo di elezioni. Non è ancora chiaro quando voteremo, eppure la campagna elettorale è iniziata da un pezzo. Fioccano le promesse, abbondano i proclami, la propaganda prende il sopravvento sul buon senso. Nella visita di accreditamento a Washington Luigi Di Maio ha abbozzato una manovra choc per abbassare le tasse, tagliare il costo del lavoro, aumentare gli investimenti pubblici. Se a questo aggiungiamo il costosissimo reddito di cittadinanza, il programma dei Cinque Stelle vale decine di miliardi di nuove spese. A quasi vent’anni dall’impegno concreto di meno tasse per tutti, Silvio Berlusconi promette il raddoppio delle pensioni minime, l’abolizione di ogni tassa sulla casa, sulle donazioni, dell’imposta di successione e del bollo auto: tutti impegni incompatibili con il terzo debito del mondo. Anche Matteo Renzi fa la sua parte nel rivangare gli impegni mancati: dopo aver garantito il taglio dell’Irpef nel 2018, ora dice che lo realizzerà nella prossima legislatura. L’altro Matteo – Salvini – propone una flat tax al 15 per cento. Ma con quale credibilità senza un piano di riduzione delle spese?

La politica ha il diritto di vendere sogni, l’informazione il dovere di mettere in guardia da essi. L’economia italiana cresce a ritmi che non si vedevano da un lustro, e per questo Standard and Poor’s ha alzato il rating sovrano dell’Italia. Resta il fatto che buona parte di quella crescita la si deve a tre anni di politica monetaria ultraespansiva e ai tassi zero di Mario Draghi. A gennaio il piano straordinario di acquisto di titoli pubblici della Banca centrale europea si dimezzerà (da sessanta a trenta miliardi al mese) e con esso verranno meno gli enormi risparmi sugli interessi sul debito. Il parlamento sta discutendo una Finanziaria che accumula più deficit di quanto concordato con Bruxelles, e questo significa che il primo atto del nuovo governo (o l’ultimo del vecchio) sarà probabilmente una manovra correttiva per qualche miliardo. Renzi è convinto di poter piegare le resistenze della Commissione «tornando a Maastricht», ovvero con un deficit vicino al tre per cento del Pil. Peccato che l’impegno per il 2018 ammonti alla metà.

Le proposte dei partiti:

FORZA ITALIA

Cavalli di battaglia di Berlusconi flat tax e abolizione del bollo sull’auto.

ROBERTO GIOVANNINI. È ancora prestissimo per poter parlare di un vero e proprio programma elettorale per Forza Italia o per la coalizione di centrodestra. Ma non c’è dubbio: ancora una volta il caposaldo della campagna di Silvio Berlusconi e Forza Italia saranno le tasse. Tre sono le proposte principali allo studio: la flat tax, ovvero l’imposta sul reddito con aliquota unica, l’abolizione della tassa di successione, l’eliminazione del bollo sulla «prima auto» posseduta.

Il cavallo di battaglia è chiaramente la flat tax, linea sposata anche dalla Lega. L’aliquota unica, eliminando gli scaglioni crescenti, per definizione riduce fortemente la progressività favorendo i redditi più alti, che risparmieranno di più: nello schema di Forza Italia fattore di parziale riequilibrio a favore dei più poveri è l’innalzamento a 12.000 euro della «no tax area» esente da Irpef. Il vantaggio atteso (a parte gli effetti su consumi e crescita) è l’emersione del nero e del sommerso, che contribuirà a spingere il gettito.

L’intenzione è quella di arrivare gradualmente a fine legislatura a una aliquota vicina al 20%. Ma sin dai primi cento giorni si comincerà a tagliare aliquote e scaglioni. Le risorse per coprire la riforma verranno dalla riduzione della spesa per interessi sul debito, dalla spending review, ma soprattutto dall’eliminazione delle agevolazioni fiscali (le tax expenditures, come le detrazioni per i figli o per i mutui e le esenzioni Iva).

Sul fronte previdenziale, Berlusconi ha promesso una pensione minima di 1000 euro su 13 mensilità, oltre all’estensione degli assegni pensionistici a mamme e casalinghe. Modifiche in vista anche sui requisiti di pensionamento, da definire. Per chi ha redditi bassi, sotto la soglia dei 12.000 euro (di più per le famiglie), ci sarà una «imposta negativa», un sussidio per raggiungere un reddito minimo definito «di dignità».

PARTITO DEMOCRATICO

Renzi punta a cambiare l’Irpef lasciando solo tre aliquote

ALESSANDRO DI MATTEO. Meno fiscal compact, meno tasse: sono questi i pilastri del programma economico con il quale il Pd si presenterà alle prossime elezioni. Matteo Renzi ha cominciato da mesi a tracciare le linee-guida della proposta del partito e la filosofia è quella riassunta dallo slogan «Back to Maastricht», ovvero rimettere in discussione il vincolo di bilancio Ue siglato nel 2012, che lega molto le mani ai governi, e tornare ai parametri del trattato di Maastricht, decisamente più generosi.

In termini concreti, si tratta di far risalire il deficit al 2,9% del Pil, «un’operazione che libererebbe dai 30 ai 50 miliardi». Soldi da usare innanzitutto per ridurre le tasse, secondo Renzi. In primavera l’ex premier aveva parlato di una riforma dell’Irpef che riducesse le aliquote a tre, contro le cinque attualmente in vigore.

Il fatto è che il tema non è apprezzato da tutti nel partito, e tantomeno nel resto del centrosinistra con il quale in questi giorni il Pd sta provando a ricucire un accordo. In un documento dell’area Orlando si avverte: «Una riduzione delle tasse per tutti sarebbe un errore, come lo è stato l’eliminazione dell’imposta sulla prima casa anche per i più ricchi».

Su questo il leader Pd va avanti, ancora lunedì scorso in direzione ha affermato che in campagna elettorale «ci saranno tre proposte in campo: una flat tax a destra, una misura di assistenzialismo a sinistra, e la nostra proposta di riduzione delle tasse che deve partire dall’Irpef». Rispetto a qualche mese fa, però, Renzi potrebbe andare incontro ad alcune delle critiche e proporre un taglio delle tasse solo «per chi crea lavoro, per le famiglie e per chi ha di meno», come recita il documento approvato alla conferenza programmatica. Allo studio anche misure fiscali a favore di «giovani e donne».

MOVIMENTO 5 STELLE

I grillini guardano al modello Trump. Fare deficit, tagliando le imposte

ILARIO LOMBARDO. Non è che di fisco il M5S se ne fosse occupato granché. Anzi, il tema ha latitato per anni nel programma grillino. Ora, invece, Luigi Di Maio ne ha capito l’importanza in termini elettorali e, in vista della corsa per Palazzo Chigi, ne ha fatto il perno della sua offerta politica. Il candidato premier del M5S guarda alla Trumpnomics: da Washington ha detto di avere a modello la ricetta del tycoon. Due i pilastri: fare deficit e taglio delle tasse. Uno conseguente all’altro.

Agli esperti del M5S il compito di declinare quella che per ora è un’ambizione. Di Maio ha detto di non avere ancora percentuali in mente (tipo la flat tax di Matteo Salvini), ma chi si sta dedicando al dossier lavora su alcuni precisi binari. L’idea è di semplificare le aliquote Irpef per aiutare i redditi più bassi e il ceto medio. Le alternative potrebbe essere diminuire gli scaglioni (facendoli passare da cinque a tre) oppure tagliare quelli più bassi. Da questo punto di vista le somiglianze con Trump sarebbero più che altro di forma, visto che il presidente punta al taglio universale delle tasse, anche per i contribuenti ricchi. Ma è sulle imprese che il M5S intende importare la riforma fiscale di Trump, su cui però gli stessi repubblicani lo stanno contrastando al Congresso. Resterebbero le differenze tra Usa e Italia. Perché l’americano vuole abbattere (dal 35% al 15%) l’imposta sugli utili delle imprese, mentre i 5 Stelle hanno in mente di intervenire su altre voci. Per esempio puntando alla deducibilità delle tasse locali. In prospettiva, però, l’obiettivo resta quello di sempre: sgravare le imprese il più possibile dall’Irap, imposta regionale sulle attività produttive, dando precedenza magari alle start up e a chi produce innovazione. 

Fonte: Adico 

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nuove 50 euro

Bce, arriva la nuova banconota da 50 euro

L’Eurotower lancia il quarto taglio della nuova serie: circolerà dall’aprile 2017. Messaggio ai tedeschi: “Eurosistema impegnato nei confronti del contante”

La Banca centrale europea continua il rinnovamento delle banconote dell’area con la moneta unica: lancia oggi il nuovo pezzo da 50 euro, che inizierà a circolare dal 4 aprile 2017. Si tratta di un passaggio importante, perché fra le banconote in euro quella in questione è la più diffusamente utilizzata. Così, anche per rintuzzare alcune polemiche tedesche sul presunto disegno dell’Eurotower di prosciugare il contante dal Vecchio continente, la Bce approfitta dell’occasione per ricordare che “banconote nuove e sicure sottolineano l’impegno dell’Eurosistema nei confronti del contante”.

La Bce lancia la nuova banconota da 50 euro

Il taglio da 50 euro è il quarto della seconda serie di biglietti in euro, la serie “Europa”. “L’introduzione della nuova banconota da €50 renderà ancora più sicura la nostra moneta“, è il commento di Yves Mersch, membro del Comitato esecutivo della Bce, affidato a una nota ufficiale. “Le sue avanzatissime caratteristiche di sicurezza contribuiscono a proteggere la nostra moneta. Sono frutto del nostro costante impegno a preservare la stabilità dell’euro, una moneta utilizzata quotidianamente da 338 milioni di persone in tutta l’area dell’euro. La graduale introduzione delle nuove banconote in euro dotate di caratteristiche nuove e avanzate sottolinea anche l’impegno dell’Eurosistema nei confronti del contante quale mezzo di pagamento affidabile ed efficiente.”

Come detto, la banconota da 50 euro è la più ampiamente utilizzata e rappresenta il 45% di tutti i biglietti in circolazione. “Vi sono più banconote da 50 euro in circolazione che biglietti da 5, 10 e 20 euro complessivamente. Il numero di banconote da 50 euro in circolazione è pari quasi al totale di tutti i tagli circolanti a fine 2002, anno in cui i biglietti e le monete in euro hanno iniziato a circolare”, annota la Bce.

L’aspetto

Quanto al disegno, la nuova banconota da 50 ha la finestra con ritratto, “un elemento nuovo e innovativo utilizzato per la prima volta nel biglietto da 20 della serie ‘Europa’. Guardando la banconota in controluce, la finestra nella parte superiore dell’ologramma rivela in trasparenza, su entrambi i lati del biglietto, il ritratto di Europa, figura della mitologia greca. Il ritratto appare anche nella filigrana. Sul fronte della banconota vi è il ‘numero verde smeraldo’, la cifra brillante che quando viene mossa cambia colore passando dal verde smeraldo al blu scuro e produce l’effetto di una luce che si sposta in senso verticale. Queste caratteristiche di sicurezza facilitano il controllo dell’autenticità del nuovo biglietto da 50, con il metodo ‘toccare, guardare, muovere'”, spiega la Bce.

Fonte: La Repubblica

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BCE: Popolare di Vicenza ha rifilato titoli rischiosi a 58mila clienti ignari

L’indagine della vigilanza rivela che i dati di operai, pensionati e casalinghe sono stati modificati per sostenere gli aumenti di capitale.

Trasformare casalinghe, pensionati, operai o qualsiasi altro genere di risparmiatori completamente privi di conoscenza finanziaria in accaniti traders di Borsa, o in smaliziati gestori di hedge fund, è stato l’ultimo passatempo dei consigli di amministrazione delle banche alle prese con difficoltà patrimoniali. Banca Etruria, CariChieti, CariFerrara e Banca Marche sono stati tra i casi più clamorosi, ma a Vicenza hanno voluto strafare. Ad alzare il velo sul “così fan tutti” vicentino è stata l’ispezione della Banca centrale europea, condotta tra il 26 febbraio e il 3 luglio 2015 e conclusasi con una relazione di 103 pagine che non lascia scampo agli ex vertici della Banca. I profili di ben 58mila azionisti, tra vecchi e nuovi, non risultano in linea con le normative Mifid, la direttiva europea (Market in Financial Instruments directive) che, tra le altre cose, impone di classificare i clienti in modo adeguato per fornire loro servizi finanziari appropriati.

L’ex presidente Gianni Zonin e l’ex amministratore delegato Samuele Sorato, oggi indagati per aggiotaggio e ostacolo alle autorità di vigilanza, hanno portato con due aumenti di capitale i soci a 108mila con una crescita del 57% in soli due anni. Una seconda città nella città, cresciuta sull’inganno e con l’unico scopo di rafforzare lo zoppicante patrimonio della banca. “Gli aumenti di capitale del 2013 e del 2014 – si legge nel documento – sono stati portati a termine adottando un approccio non in linea con le normative Mifid, poiché la Bpvi non ha stilato il profilo di rischio completo dei clienti attraverso i test prescritti oppure li ha alterati a suo vantaggio”. Gli ispettori hanno calcolato che sono stati almeno 29mila i nuovi sottoscrittori di titoli coinvolti. Altri 29mila azionisti, invece, a cui è stato offerto il diritto di prelazione, non sarebbero stati assistiti correttamente dalla banca, ma semplicemente informati con una lettera che avrebbero dovuto rispedire firmata in filiale. Nove su dieci dei destinatari contattati non hanno mai risposto.
Serviva in effetti qualche magheggio per far comprare un titolo che nel giro di un paio di anni è passato da un valore di 62,5 a 0,1 euro. La Vicenza è una banca non quotata e dal 2011 il consiglio di amministrazione ha pagato professionisti definiti indipendenti per assegnare un valore alle azioni. Se ne è quasi sempre occupato Mauro Bini, professore della Bocconi esperto in valutazioni d’impresa, che ad aprile 2014 ha ribadito quel valore astronomico. L’ispezione della Bce, invece, non lascia scampo: “I titoli sono sempre stati sovrastimati come dimostra la costante e significativa differenza tra il valore dei titoli della Bpvi e delle altre popolari quotate, utilizzando medesimi modelli di valutazione”. Prendendo solo uno dei molti parametri utilizzati dagli ispettori, il “price to book value”, ovvero il rapporto tra il valore di mercato del titolo (nel caso della Bpvi, il prezzo fissato dai consulenti) e il valore di libro è risultato che il coefficiente della Vicenza (1,2) è quasi il doppio della media di quello delle popolari italiane quotate in Borsa (0,73).

Oltre alla fabbrica dei falsi profili, Zonin e i suoi manager hanno finanziato gli acquisti delle azioni e illuso i clienti con la possibilità di rivendere quei titoli alla banca. Ma tra gennaio 2013 e dicembre 2014, le richieste di riacquisto sono diventate insostenibili, tanto che la Vicenza si è trovata di fronte 15mila ordini dal valore complessivo di un miliardo di euro: a gennaio 2013 le richieste valevano solo 52,5 milioni di euro e ci volevano 28 giorni per evaderle. Alla fine del 2013 è stato calcolato che servivano 311 giorni. La banca non aveva mai segnalato nei prospetti informativi la possibilità di non essere in grado di garantire la liquidità sul titolo, comunicata solo a marzo del 2015 con una lettera.

E al danno si aggiunge la beffa, perché l’ispezione ha appurato che la banca, anche quando ha riacquistato, non ha rispettato l’ordine della priorità temporale: ovvero ha ricomprato i titoli non secondo un criterio oggettivo, ma come piaceva a lei. Tra gennaio 2014 e febbraio 2015, “almeno 200 ordini sono stati evasi con una priorità che non ha seguito la normale procedura per un controvalore di 21,8 milioni di euro”. Sono state scoperte anche alcune lettere in cui la banca garantisce ai più “fortunati” o il riacquisto di titoli pari al capitale investito o assicura un rendimento minimo o ancora un generico riacquisto. Le assicurazioni più impegnative riguardano 10 clienti per un controvalore di 38 milioni, mentre le altre si riferiscono a 52 clienti per un controvalore di 182,2 milioni.

di WALTER GALBIATI

fonte: repubblica.it

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